Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/337

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2^6 LIBRO colle loro scorrerie fino al celebre monastero di Nonantola nel modonese, ove si videro arsi i libri col monastero medesimo, saccheggiate le case all’intorno, e trucidati barbaramente i monaci tutti (id. ad an. 899). In mezzo a una sì universale desolazione era egli possibile che venisser coltivati gli studj? Se la pace di cui godeva l’Italia a’ tempi di Carlo Magno e di Lottario, e i mezzi che questi posero in opera a far rifiorire gli studj, non bastarono a riscuoterla e a farla volger di nuovo alle belle arti già da tanto tempo dimenticate, quale crederem noi che fosse l’effetto di tali e tante sciagure che avrebbono sparsa la barbarie e l’ignoranza anche fra le più colte provincie? XXVIII Nondimeno in mezzo a sì gravi calamità non mancarono all’Italia in questi tempi alcuni cbe e coi ti Varo 11 essi le lettere, e si sforzarono di agevolarne il coltivamento agli altri. De’ primi avremo a parlare ne’ capi seguenti. Tra’ secondi voglionsi qui ricordare singolarmente due vescovi famosi a que’ tempi, de’ quali noi pure dovrem poi favellare più stesamente, Raterio di Verona e Attone di Vercelli. Il primo fa menzion delle scuole ch’erano in Verona, e mostra che ve n’avea non poche, benchè insieme le stesse parole da lui usate ci faccian vedere che una leggera tintura di lettere era comunemente ciò solo che vi si apprendeva, e che questa giudicavasi sufficiente per quelli ancora che nel clero dovean essere ammessi. De Ordinandis , dic’egli (Synodica n. 13 inter ejus Op. ed. Veron. 1760), prò certo scitote quod a nobis nullo modo promovebuntur,