Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/341

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2ÌÌO LIBRO gramalici ed altri di ogni maniera, ch’erano probabilmente frutto in gran parte delle giornaliere fatiche di que’ religiosi. *• Pregevole dovea essere ancora prima del x secolo la biblioteca del celebre monastero della Novalesa. Narra il Pingonio, citando in pruova l’archivio di quel monastero (Augusta Taurin. p. 25, 26), che essendo i monaci fuggiti di colà verso l’anno 906 per timore de’ Saracini che infestavano quelle contrade, e ritiratisi perciò a Torino, recaron seco, oltre il lor ricco tesoro, 6666 codici (numero troppo rotondo, perchè possiam crederlo esatto), ma che essendo i Saracini giunti anche a Torino, fu rubato il tesoro, e la biblioteca incendiata, trattine cinquecento libri che Ricolfo allor proposto, poi vescovo di Torino,. aveane estratti o per compra, o per pegno. Questo racconto, quanto alla sostanza, confermasi dall’antica Cronaca di quel monastero pubblicata dal Muratori, perciocchè ivi si legge (Script. rer. ital. vol. 2, pars 2, col. 731) che i monaci fuggiti dalla Novalesa a Torino non avean casa in cui custodire tanti libri e sì gran tesoro; che perciò gli uni e l’altro raccomandarono al proposto Ricolfo, il quale ne prese parte in pegno per mantenere di vitto i monaci; e morto poi essendo lo stesso Ricolfo, la maggior parte del tesoro e de’ libri perdettesi, nè potè più riaversi ». Sembra che i monaci italiani singolarmente in ciò si occupassero; poichè veggiamo che l’Italia era il paese a cui dagli altri si chiedeva copia de’ libri che nelle loro provincie non si trovavano. Abbiamo una lettera del celebre Lupo abate di Ferriere«