Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/364

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TERZO 3o3 dello stesso imperadore consecrato vescovo di Torino, affinchè potesse nelle scienze sacre istruire i popoli italiani, che in esse parevano allora assai rozzi. Così Giona. Se tale veramente fosse a que’ tempi lo stato della nostra Italia, io lascerò che ognuno il vegga per se medesimo. Le cose che finora abbiam dette, e che ci rimangono a dire in questo libro medesimo, ci fan conoscere che benchè anche in Italia fosse universal l’ignoranza, non ci mancavan però alcuni che potessero istruire non solo l’Italia, ma la Francia ancora ed altre provincie, come in fatti avvenne. Ma convien dire che Lodovico credesse l’Italia più d’ogni altro paese barbara e rozza; e che perciò le facesse dono di un uom sì dotto, qual era Claudio. Egli però in vece d’esserle utile con tal presente, poco mancò che non le fosse sommamente fatale. La contesa che nel secolo precedente si era accesa tra’ Latini e tra’ Greci sul culto delle immagini, e il molto disputarne che si era fatto in Francia e in Allemagna, ove il secondo Concilio Niceno trovò per lungo tempo contrastatori e nimici, risvegliò in Claudio il desiderio di scrivere su tale argomento; e lasciatosi abbagliare dalle apparenti ragioni che dai nimici delle immagini si arrecavano in difesa del loro errore, scrisse egli pure contro il culto che ad esse rendevasi. Il comento sul Levitico, in cui egli cominciò a spargere il suo veleno, fu da lui indirizzato a Teodemiro abate di un monastero detto di Psalmodi in Francia. Questi avendo impugnata 1 eresia di Claudio, ei cercò di difendersi, e