Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/386

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TERZO 3a5 molti il rimirano come una carta interamente supposta. A me non appartiene l’entrare all’esame di tal qnistione che è troppo lontana dal mio argomento; e mi basterà 1 accennare che il diligentissimo co. Giubili ha chiaramente mostrato che quelle valli non già da Attone, ma da Arnolfo secondo arcivescovo di Milano donate furono al suo clero verso il principio dell’xi secolo (Mem, di Mil. t. 2, p. 216} t. 3, p. 134 j t- 9> P- 28)■ Non può dunque un tal testamento recarsi a pruova della patria di Attone. Ma alcune parole di una sua’ lettera ci posson forse dar su ciò qualche lume: Jgitur, die’ egli, Liulprandus catholiciis rex hujus, in qua degimus, patriae (ep. 1, ed. vercell). Il nome di patria sembra qui indicare generalmente il regno de’ Longobardi, e sembra perciò che in esso fosse nato Attone, che il chiama sua patria. Ma com’ei poteva ancor chiamare in certo modo col nome di patria l’ordinaria sua sede, aggiugnendovi singolarmente quelle parole, in qua degimus, convien confessare che questo non è ancora argomento abbastanza sicuro, e che non possiamo perciò affermar con certezza che Attone fosse italiano, benchè possiam dire esser ciò assai verisimile. Ed io vorrei che una somigliante maniera di favellare avesser tenuto i Maurini autori della Storia letteraria di Francia, i quali troppo facilmente hanno annoverato Attone tra’ loro scrittori (t. 6, p. 281). Ma con quai pruove? Attone, dicono essi, era figliuolo di Aldegario Visconte. Così asserisce l’Ughelli, ma senza alcun fondamento; e s’io usassi contro di loro 1" autorità di questo