Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/446

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TERZO 385 lungamente, ¡se molti ciottissimi uomini non ci avcsser già prevenuto, illustrando per tal maniera (questo punto di storia, che nulla rimane che aggiugnere all’erudite loro fatiche. Io verrò dunque giovandomi delle loro ricerche, ed esporrò qui in breve ciò ch’essi hanno ampiamente provato, valendomi singolarmente di due tra loro che con singolare esattezza di ciò hanno scritto, cioè dello Struvio (Hist. Jur. rom. et goth., ec. p. 365, ec.) e del Muratori (Antiq. Ital. vol. 2, diss. 22). II I re Longobardi, come nell’epoca precedente si è dimostrato, allor quando promulgarono le loro leggi, permisero nondimeno agl’italiani lor sudditi che potessero tuttor valersi delle romane , colle quali fino a quel tempo si erano regolati. Due leggi dunque aveano allor forza in Italia, la longobardica e la romana. Ma dappoichè l’Italia cadde per la maggior parte in potere di Carlo Magno e de’ suoi successori, come da molte nazioni erano abitate queste provincie, così più altre nuove leggi vi s’introdussero. Fra le diverse nazioni che ubbidivano a Carlo Magno nella Francia e nell’Allemagna, molti vi furono che o per amore di novità, o 1)er ¿speranza di miglior sorte, vennero a stabilirsi in Italia; e vedeansi perciò in essa confusi Italiani, Longobardi, Francesi, Allemanni. Or tutti questi novelli e stranieri abitatori non era a sperare, singolarmente a’ que’ tempi, che potessero sottomettersi a leggi non loro} e convenne perciò sofferire che ognuno potesse vivere secondo la legge di sua nazione} perciocchè era finalmente male assai più leggiero l’introdurre TiiUBOscm, Voi. III. 20 n. Le diverse nazioni rii« abita vati l’Italia, professavano di v«r* M leggi.