Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/548

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QUARTO 4^7 noi dobbiamo perciò farne onorevol menzione, e non permettere che perisca la memoria di quelli che in mezzo a gravissime difficoltà coltivarono questa sorta di studi. II. E per cominciar, com’altre volte abbiam fatto, da quelli che si rivolsero allo studio delle lingue straniere, abbiam veduto poc’anzi che nella lingua greca era assai ben versato l’arcivescovo di Milano Pier Grossolano. Era pure verso que’ tempi medesimi in Milano, per testimonianza di Landolfo il vecchio (Hist. l. 3, cit 4)> un cotale Ambrogio Biffi, così detto, se crediamo al medesimo storico, perchè egli era Hi fario, cioè perchè nella greca non meno che nella latina favella esprimevasi con chiarezza e con eleganza maravigliosa. Lo stesso Landolfo ci ha conservato un discorso fatto da Ambrogio (ib. c. 23) contro il celibato degli ecclesiastici, di cui egli era ostinatissimo impugnatore; ma, a dir vero, questo discorso non ci dà grande idea del sapere e della erudizion del suo autore, e forse Landolfo ne esagerò alquanto le lodi, perchè egli ancora era sostenitore della medesima causa. Somigliante elogio egli fa di un cotal prete Andrea milanese, di cui pur dice ch’ era nelle sacre e nelle profane, nelle greche e nelle latine lettere assai erudito (ib. c. 21). Abbiamo ancora poc’anzi fatta menzione di Domenico patriarca di Grado, che una lettera in lingua greca scrisse contro gli errori de’ Greci; di Ugone Eteriano versato esso pure nella lingua medesima, a cui si può aggiugner Leone di lui fratello, il quale, come osserva ilTriteinio (De Script, eccl. c. 4oo),