Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/6

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PREFAZIONE


Quanto più ci allontaniamo da’ lieti tempi della romana repubblica, e quanto più c’inoltriamo nelle vicende della nostra infelice Italia, tanto più sterile e più spiacevole argomenti di ragionare ci somministra l’italiana letteratura. Molti secoli noi dobbiamo trascorrere in questo tomo; e dobbiamo trascorrerli senza mai incontrarci in oggetto della cui vista possiam chiamarci pienamente contenti. Uomini d’abito, di legge, di lingua, di costumi diversi, ma quasi tutti barbari e incolti, Goti, Longobardi, Franchi, Tedeschi, Saracini, Normanni, innondan da ogni parte l’Italia, se ne contendon tra loro, o se ne dividon l’impero, e la riempiono in ogni parte di desolazione e di orrore. Le arti e le scienze in mezzo a sì fiero sconvolgimento costrette sono o a nascondersi, o a fuggirsene altrove, e se pur osan mostrarsi, convien loro prendere abito e portamento straniero, per non offendere lo sguardo degli stranieri signori. Noi dovrem dunque vedere la barbarie e la rozzezza sparsa per ogni dove; e se talvolta ci si offriranno alcuni gran genii che in altri tempi avrebbono gareggiato co’ più dotti e coi più leggiadri scrittori, avremo il dolore di rimirarli far bensì qualche sforzo per sollevare all’antico onore le scienze, ma o soccombere nella troppo ardua impresa, o non ottenere dalle loro fatiche che un tenue e momentaneo frutto. In mezzo a sì incolto e insalvatichito terreno io debbo ora aggirarmi, e spero che ognuno comprenderà facilmente quanto di noia debba io sentire nel correrlo. Questo mi giovi almeno per ottenere compatimento da’ cortesi ed eruditi lettori, se in mezzo a sì gran buio mi vedranno sonnecchiare talvolta, ed anche inciampare. È egli possibile il non sentirsi fra tenebre così folte venir meno le forze e il coraggio?

Prima però d’innoltrarmi, mi è sembrato opportuno di trattar qui brevemente del danno che dalle invasioni dei Barbari soffrì la lingua latina, e del sorgere che