Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/158

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PRIMO, l?>7 delle cose d’Europa , ma della lor religione ancora , ed essi seppero sì ben soddisfare alle dimande del re , di’ egli determinossi a inviargli in suo nome ambasciadori al sommo pontefice , chiedendogli 100 dotti Cristiani che venissero ad istruire tutti i suoi popoli nella vera fede. A tal fine diè loro sue lettere per lo stesso pontefice, e insieme una tavoletta d’oro improntata del suo sigillo, perchè i governatori de’ luoghi del suo impero, per cui dovean passare, somministrasser loro tutto ciò di che potessero abbisognare viaggiando; e aggiunse loro a compagno uno de’ principali suoi cortigiani , il quale infermatosi dopo venti giorni di viaggio nol potè proseguire. I due fratelli il continuarono, e finalmente dopo tre anni arrivarono a Giazza porto dell’Armenia minore; donde postisi di nuovo in cammino giunsero ad Acri, non già ad Ancona, come leggesi nell’edizion del Grineo. In questa edizion medesima e nel codice Estense si dice che il loro arrivo ad Acri fu nell’aprile del 1272; ma da ciò che ora diremo, è evidente che deesi qui seguire l’edizion delRamusio, che segna l’anno 1269. Perciocchè ivi giunti udirono che il pontefice Clemente IV poco tempo innanzi era morto; ed egli appunto era morto a’ 29 di novembre dell’anno 1268. Era allora in Acri legato pontificio Tedaldo de’ Visconti di Piacenza, arcidiacono di Liegi, a cui i due viaggiatori essendo venuti innanzi, furon da lui consigliati ad aspettare la creazione del nuovo papa. Essi frattanto fecer ritorno a Venezia, ove Niccolò trovò la moglie defunta, e il figlio Marco già