Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/507

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486 RiBno riflessione, si è che è questa la prima opera che noi troviamo scritta in prosa volgarementre finora essa non erasi usata che verseggiando; e tutti gli scrittori di prosa si eran serviti della lingua latina. Ma la lingua volgare di questo scrittore non è già la colta lingua italiana , qual veggiam poscia usata dagli scrittori susseguenti. Ella è un dialetto napoletano somigliante a quello che anche al presente da quel popolo si adopera. Eccone per saggio il principio: Anno Dom. 1247. Federico Imperatore se ne tornao rutto da Lombardia, et venne a caccia con li falconi in Puglia. Nella fine del detto anno incominciao a raccogliere gente, perchè se diceva, che volea passare in Lombardia. Dal che confermasi ciò che nella prefazione premessa al terzo tomo di questa Storia abbiamo asserito, cioè che prima formaronsi i particolari dialetti, e poscia si venne ordinando ed abbellendo una lingua che a tutta l’Italia fosse comune. Nè può nascere dubbio che sia questa una traduzione fatta dall’originale latino, in cui per avventura avesse scritto Matteo il suo Giornale. Niuno ne ha mai veduta copia in latino; e solo in questa lingua è stato recato dal P. Papebrochio (Propyl. ad Acta SS. maii); intorno a che veggasi la prefazione del Muratori, il quale è stato il primo a dare interamente e seguitamente in luce questo Giornale (Script. rer. ital. vol. 7. p. 1055), che dal Summonte era stato nella sua Storia di Napoli qua e là a varii luoghi inserito. X. Due altri scrittori siciliani scrissero delle cose de’ tempi loro, cioè Niccolò di Jamsilla,