Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/52

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PRIMO 3l In fatti. al dire di Benvenuto, egli era consapevole di tutti i segreti di Federigo, e gli faceva o abbracciare, o abbandonare un partito, come più gli piacesse, ed ogni cosa reggeva a suo talento. E qual fosse la maraviglia ch’egli col suo sapere in tutti destava, scorgesi singolarmente dalla sopraccennata lettera di quel Niccolò, in cui si danno a Pietro sì grandi elogi, che maggiori non furon mai dati ad alcuno • perciocché ivi si dice che la natura avea in lui solo raccolti tutti que’ pregi che divider soleva in molti che la sapienza, dopo aver lungamente cercato dove posarsi, erasi finalmente trasfusa in lui; ch’egli era un altro Mosè nell’imporre le leggi, un altro Giuseppe nel goder della grazia del suo sovrano; anzi paragonandolo all’Apostolo S. Pietro, sopra lui ancora viene esaltato; e finalmente conchiudesi che Tullio stesso non avrebbe eloquenza pari al merito e alle virtù di Pietro. Grandi cose ci narra ancora il suddetto Guido Bonatti intorno al potere di cui Pietro godea presso di Federigo, e dice (l. c.) che credeasi beato colui cui egli onorasse del suo favore; che Federigo approvava tutto ciò che faceasi da Pietro; e che Pietro stesso annullava le cose fatte da Federigo; che questi gli conferì il dominio, cioè, come sembra doversi intendere, il governo della Puglia; e che Pietro ammassò tai tesori, che solo in oro avea, dice, 10000 libras angustanensium. (a) (il) Agostnri o agostani erano una moneta «Toro di J'cdengo 11, die equivaleva a un lioriuo d? oro e un