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Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/66

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PRIMO 45 Impcratorem dixisse, licet non sit recitili ile, tres praestigiatores callide et versute, ut dominarentur in mundo, totius populi sibi cmtemporanei universitatem seduxisse, videlicet Moysen, Jesum, et Mahometum (ad an. 1238). Il che pure raccontasi da più altri autori di quel tempo citati dal Marchand (Dict. hist. Art. Impost, note B). Era dunque sparsa la voce di questa orrenda bestemmia pronunciata da Federigo; ma questa voce medesima ci fa veder, s’io non erro, che nè Federigo nè il suo cancelliere non iscrisser su ciò alcun libro. Perciocchè gli storici mentovati, e lo stesso Gregorio IX dicon bensì che dalla bocca di Federigo uscisse sì brutale empietà; ma chè su essa o egli, o alcun altro pubblicasse un libro, niuno il dice. E sembra nondimeno che se fosse corso un tal libro per le mani degli uomini, nè gli storici, nè molto meno Gregorio IX, l’avrebbon dissimulato. Federigo nella sopraccitata lettera si protesta di non aver mai proferita cotal bestemmia, e fa, per così dire, una solenne professione di fede intorno alla divinità di Cristo e alla santità di Mosè; e tali probabilmente erano i veri suoi sentimenti, e l’accusa contro di lui divolgata non avea forse bastevole fondamento. Ma poichè pure correva allora tal voce, presso molti essa dovette ottener fede; e quindi quando si pubblicò veramente, o si credette che fosse pubblicato un libro di tale argomento, potè facilmente credersi da alcuni che o Federigo medesimo, o il suo fido Pier delle Vigne ne fosse stato