Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/678

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TERZO 007 interlocutore di esso; argomento, come ognun vede, troppo mal fermo, perciocchè qualunque altro poeta poteva introdurre un Gaufrido a parlare; e ancorchè si volesse- concedere che l’autore di questo poema si chiamasse Gaufrido, non ne segue perciò ch’ei fosse quel desso di cui abbiamo favellato. Non debbo però a questo luogo dissimulare che a questo mio sentimento si oppone l’autorità, benchè da niuno, per quanto io sappia, avvertita, di Riccobaldo da Ferrara , il quale fa il medesimo Gaufrido ossia Gualfredo autore di amendue i poemi (Script. Rer. ital. vol. 5, p. 126): Huic (a Innocenzo III) scripsit Gualfridus librum, qui dicitur Poetria Novella, Orator Regis Angliae, et alium librum de Officialibus Romanae Curiae, qui incipit: Pastor Apostolicus. Ma forse ancor Riccobaldo dalla somiglianza, o dall’identità del nome fu tratto in errore; nè ciò dee parere strano , trattandosi di un italiano scrittore che parla di un poeta inglese. E certo Riccobaldo ha errato scrivendo che Gualfredo avea anche il secondo poema dedicato a Innocenzo III, e perciò questo passo non ha quell’autorità che a far certa pruova ci converrebbe. XIII. Quando però sia vero che l’autore di questo poema sia quel Gaufrido che in esso s’introduce a parlare, chiunque egli fosse, e di qualunque nazione, noi abbiamo qualche diritto ad annoverarlo tra’ nostri. Egli dice di se medesimo ch’è stato lungamente in Roma: Iste (Aprilis) locum nondum Romanae viderat urbis; Alter (Gaufridus) erat tota cognitus urbe diu. Ver. 5i. Tiraboscui, Voi. IV. 42