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Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/721

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7OO LIBRO un passo dal prologo, in cui gli ragiona della sua andata in Francia; ed ivi dopo le riferite parole così continua. Là (in Francia) trovò uno suo amico della sua cittade, et della sua parte, et molto ricco di havere , ben costumato, et pieno di grande senno, che li fece molto honore, et molta utilitade , e perciò l’appellava suo porto, si come in molte parti di questo libro pare apertamente, et era molto buono parlatore naturalmente, et molto desiderava di sapere ciò che li savi havevano detto intorno la Rettorica. Et per lo suo amore questo Brunetto Latino, il quale era buono intenditore di lettera, et era molto intento allo studio della Rettorie a, si messe a fare questa opera, nella quale mette innanzi il testo di Tullio per maggiore fermezza, et poi mette et giugne di sua scienza et dell altrui quel che fa mestieri. Così in questo prologo , secondo la prima edizion fattane in Roma l’an 1546. A questa traduzione si può aggiugnere quella delle Orazioni a favor di Ligario, di Deiotaro e di Marcello, pubblicate in Lione l’an 1567, e attribuite a Brunetto Latini; delle quali e de’ codici che ancor di esse conservansi, e con qual fondamento se ne faccia autore Brunetto, si vegga il citato Mehus (l. cit. p. 159); e veggasi inoltre la da noi citata dissertazione del P. Paitoni inserita dall’Argelati nella sua Biblioteca de’ Volgarizzatori (t. 3,p. 275.ec.), ove più cose intorno a tai traduzioni e ad altre opere di Brunetto diligentemente si osservano. L’Argelati avea già asserito (t. 1, p. 170) che Brunetto avea ancora tradotta la Consolazion di Boezio; ma