Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/733

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712 LIBRO Comune, o, come diceasi, il palagio della Ragione. Tutte aveano il proprio lor podestà , e questa carica era allor conferita ad uomini non sol per senno, ma ancor per nascita e per sapere ragguardevoli. Conveniva dunque eli’ essi avessero ove abitare; e conveniva che l’abitazion fosse tale, quale alla lor condizione e al loro impiego si richiedea. Io non prenderò a nominare partitamente tutte quelle città che intrapresero cotali fabbriche, fra le quali una delle più magnifiche è il famoso palazzo della Ragione in Padova (V. Rossetti, Pitture, ec. di Pad. p 277, ec., edit. Pad. 1776) Non parmi però che debba passarsi sotto silenzio una circostanza che leggiamo nell’antica Cronaca di Vicenza di Niccolò Smerego, il quale parlando agli anni 1222 e 1223 del podestà Lorenzo Strazza da Martinengo bresciano, dice: fecit fieri quinque arcus, qui sunt subtus palatium (di Vicenza), et fuerunt Magistri de Cremona ad faciendum dictum opus (Script. Rer. ital. vol. 8, p. 98). Convien dire che si facesse non poca stima degli architetti e de’ capimastri cremonesi , se fra tutti furono prescelti ad andare fino a Vicenza per intraprendere cotal lavoro. Io lascio ancora di ragionare partitamente delle mura di cui molte città italiane si cii’ condarono Eer lor difesa , di che vediamo continuamente le pruove nelle Cronache di questi tempi. In Reggio, secondo l’antica Cronaca di questa città pubblicata dal Muratori, cominciossi l’anno 1229 a innalzare le mura (ib. p. 1106, ec.) e a fabbricare le porte e a fortificare con varie difese le une e le altre, e continuossi fino al 1244? benchè pure in que’ tempi fossero travagliati