Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/766

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TERZO ^45 poco vedremo. Dell’eccellenza di Oderigi nella sua arte abbiamo una certissima pruova nel passo soprarrecato. Egli è vero che lo stesso Oderigi confessa dopo che Franco bolognese l’avea di gran lunga avanzato, appunto come Cimabue era stato superato da Giotto: Frate, diss’egli, più ridon le carte Che pennelleggia Franco bolognese: L’onore è tutto or suo e mio in parte. L. cit. v. 82. Ma appunto, come qui si accenna, la gloria di Franco, di cui parleremo nel tomo seguente, tornava in gloria dello stesso Oderigi che gli era stato maestro. Ciò che afferma Benvenuto da Imola, si rende probabile assai dalle cose che altrove abbiamo osservate (l. 1, c. 4), intorno al lusso fin da questo secolo introdotto nel copiare e nell’ornare i libri, nel che essendo singolarmente celebri i Bolognesi , chiunque avesse in quell’arte qualche eccellenza, dovea verisimilmente recarsi colà, ove poteva sperare onore e vantaggio maggiore. Il Vasari fa menzion di Oderigi, e Fu, dice (t. 1, p. 312), in questo tempo in Roma (cioè a’ tempi di Benedetto XI eletto l’anno 1303, benchè in tutte le edizioni del Vasari e del Baldinucci si dica per errore Benedetto IX) Oderigi d A gobbio, eccellente miniatore in que’ tempi, il quale, condotto perciò dal Papa miniò molti libri per la Libreria di palazzo, che sono in gran parte oggi consumati dal tempo. E nel mio libro de’ disegni antichi sono alcune reliquie di man propria di costui, che in vero fu valent uomo. Il Baldinucci ha qui avvertito (Notizie, ec. t. 1,