Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/126

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PRIMO 89 nomo di Bologna gran male della sua morte, imperciocchè esso era stato un grande e prudente uomo, savio e grande amico degli uomini di Bologna, e fu quegli che ci cavò dalle mani di quello da Milano con gran sudore e fatica. E per certo non si potrebbe scrivere appieno quello che meriterebbe V onor suo. Or questi nel suo testamento fatto tre anni innanzi, cioè l’anno 1364? e c^° è stato dato alla luce in Bologna l’an 1533 dopo aver disposto di parte de’ beni suoi in parecchie opere pie, ordinò che del rimanente di essi si fondasse in Bologna presso le pubbliche scuole un collegio, e si fabbricasser perciò le case opportune con giardini, con sale e con tutto ciò che potesse esser d’uopo a tal fine; e che ivi si mantenessero ventiquattro giovani spagnuoli con due cappellani, il qual collegio egli lasciò erede di ogni suo avere, e nominatamente dei suoi libri legali. Egli stesso sopravvivendo al suo testamento fe’ cominciare nel seguente anno la fabbrica (Ghirardacci, t. 2, p. 288), la quale finita poscia fra pochi anni, il collegio fu aperto, e fin dall’anno 1377 ne erano state non solo distese, ma approvate ancora dal pontefice Gregorio XI le leggi. Così alla nazione spagnuola, che fin dal secolo precedente avea a questa università inviati alunni e professori di non ordinaria fama, si agevolò sempre meglio la via per frequentare queste celebri scuole, che anche in mezzo all’universale desolazione di tutta l’Italia serbavan qualche vestigio dell’antico lor nome. L’esempio del cardinale Albornoz fu presto imitato dal pontefice Gregorio XI, che