Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/178

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PRIMO 1 41 ninno produrre, persuaderanno, io spero, che in vano ci si contrasta tal gloria da una luminosa serie di fatti troppo ben comprovata. 11. Qual fosse la comune ignoranza, anche ,”*orin. fra quelli che aveano il nome di dotti, intorno » universali! agli antichi autori, possiam raccoglierlo da una antichi lettera del Petrarca intitolata a Tommaso Ca- •cnUoru loria da Messina, uno de’ più colti uomini che allor vivessero, ma che veramente è indirizzata a un professor bolognese, cui l’ab. de Sade, come altrove vedremo, crede, ma forse senza bastevole fondamento, che fosse il celebre canonista Giovanni d’Andrea. Questi dunque, chiunque egli fosse, avea scritta una lunga lettera al Petrarca, in cui veniva ragionando de’ più illustri antichi scrittori e de’ poeti singolarmente, ma in modo che fra molte belle notizie cadeva in gravissimi errori. Perciocchè primieramente, come il Petrarca lo avverte nella sua risposta (Famil. l. 4, c. 9), ei dava il primo luogo tra gli scrittori a un certo Valerio, ch’io non so se fosse Marziale, o Massimo, o altri, ma certo, chiunque fosse, non dovea esser cotanto innalzato. Quindi voleva che tra’ poeti si annoverassero Platone e Tullio. I nomi poscia di Nevio, e, ciò che è più, di Plauto gli riuscivan sì nuovi, che avendone il Petrarca in altra sua lettera fatta menzione, il suo amico ne avea fatte le maraviglie. E finalmente egli avea asserito che Ennio e Papinio Stazio erano stati coetanei. Or se un uomo per altro così erudito, quale a giudizio del Petrarca era costui, chiunque egli fosse, sì miseramente in-