Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/321

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V. Egli esorta il!V1 arsigli ad impugnarle. 284 LIBRO Ei segue poscia anoverando le ingegnose difficoltà eli’essi moveano sulla creazione del mondo, sulla onnipotenza di Dio, sulla felicità dell’umano e su altri somiglianti punti, su’ quali fin d’allora filosofa vasi da’ begli spiriti. Dio immortale! prosiegue egli poscia (ib. p. 1163), niuno a giudizio di costoro è uomo letterato, se non è eretico e pazzo, e sopra tutto se non è importuno e ardito; e se ei non va per le piazze e per le pubbliche vie disputando delle bestie e degli animali, e mostrandosi bestia egli stesso.... Quanto più animoso uno si accinge ad impugnare la Religione cristiana, tanto più egli è ingegnoso e dotto: quanto più la difende, tanto più è creduto ignorante e rozzo; e dicesi che col velo della fede ei cuopre la sua ignoranza. Così egli continua in tutto il decorso di questo libro a dipingere vivamente costoro; e io potrei ancora arrecarne più altri passi più forte e più opportuni, se non temessi che questo tratto di storia potesse anzi sembrare un’amara critica de’ nostri tempi, che una fedele descrizion degli antichi. V. Nè fu pago il Petrarca di declamare in tal modo nelle sue opere contro l’empietà de’ seguaci di Averroe. Egli avea ancora intrapreso a confutarne gli errori; ma non potè condurre al suo fine l’opera incominciata. Perciò fece istanza con assai calde preghiere a Luigi Marsigli agostiniano, di cui si è parlato nel precedente capo, perchè si accingesse a tal lavoro. Così ricaviam da una lettera del Petrarca, posta tra quelle che diconsi sine titulo, perchè non si vede a chi sieno indirizzate, e che nondimeno si conosce