Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/334

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SECONDO ^97 professione, il quale vedendo da lui oscurato il suo merito, e forse ancora diminuito il suo guadagno, cercò in tal modo di opprimerlo. Io non so se tai circostanze si possan dire abbastanza accertate per l’autorità dello Scardeone autore del xvi secolo. Ma ce le rendon probabili le cose dette poc’anzi. Più difficile è a diffinire qual fosse precisamente il delitto apposto a Pietro. Tommaso d’Argentina agostiniano, che a questi tempi viveva, dice (Comm. in lib. Sentent. l. 4 > c. 4) eh1 egli si facea beffe de’ miracoli di Cristo e de1 Santi nella risuscitazione de’ morti, affermando che questi non eran morti che in apparenza per effetto di una cotal malattia, la quale per più giorni tien sopito l’infermo, non altrimente che se fosse morto; ma aggiunge insieme che non solo di questo, ma di altri errori ancora ei fu accusato. Gianfrancesco Pico afferma (De rerum praenotione c. 7) che Pietro fu accusato perchè negava che vi fosser demoni. La qual accusa, se veramente gli fu apposta, basta essa sola a smentire le tante fole che di lui si raccontano da molti scrittori moderni più amanti dell’ammirabile che del vero, e che non si posson leggere senza risa. Sette spiriti famigliari da lui racchiusi entro un cristallo e pronti ad ogni suo cenno; un pozzo dall’interno di una casa fatto trasportare in una pubblica via; il denaro già da lui speso fatto ritornare alla sua propria borsa; un asino sostituito a se stesso, mentre i Padovani eran sul punto di appenderlo per la gola; ed altre somiglianti sciocchezze; questi sono i leggiadri racconti di cui molti scrittori,