Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/348

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SECONDO 3II cjus libros tenerent, excomunicavit. Eadem die supradictus Vicarius indilate transmittens per militem et familiam suam Magistrum Cechum coram populi multitudine congregata cremari fecit ad poenalem mortem ipsius et omnium aliorum. Ove però io credo che sia corso errore nel mese, e che in vece di decembris si debba legger septembris; ma di ciò non merita il disputare. XVII. Da tutto il detto fin qui raccogliesi q™ chiaramente che la vera ragione della morte &>»« i* di Cecco furon gli errori ch’egli nella sua opera ’ astrologica avea insegnati, benchè probabilmente l’invidia di Dino vi avesse non piccola parte. Il P. Appiani assai lungamente si è steso a far l’apologia di questo infelice astrologo, e con varj passi delle stesse opere da lui composte ha mostrato ch’egli ha scritto come a saggio e cristiano filosofo si conviene intorno alla libertà e all* arbitrio dell’uomo. Fra gli altri passi, ei produce quello in cui Cecco riprende Dante perchè sembrava introdurre una cotale necessità di fortuna. In ciò peccasti, o Fiorentin Poeta , Ponendo, che li ben della fortuna Necessitati siano con lor meta. Non è fortuna , cui ragion non vinca: Or pensa Dante, se pruova nessuna Si può più fare che questa convinca. Acerba, l. 1 , c. 1. E certo in tutto questo capo Cecco chiaramente asserisce la libertà dell’uomo , benchè poscia