Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/402

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SECONDO 365 Galeazza a star peggio del solito, e non molto dopo colui, perduta omai o la speranza di risanarlo, o la impudenza di prometterla, disse che non poteasi coiP arte far ciò ch’egli avea pensato; e che invece conveniva cercare certi libri magici di ei chiama sacri, poiché in questi era riposta l ultima speranza di guarigione. Questi ora si stan cercando non so in qual parte, e forse nol sa egli stesso; ma la speranza di tutti, e singolarmente di Galeazzo, è omai svanita. Così quella gran fama e quella strana aspettazione e quella immatura sollecitudine di aver rimedi è finalmente andata a terminare in magia. ni. Un uomo che tante pruove avea vedute p ,n- ( dell1 incertezza dell’arte e del poco sapere de’ n <:* >» ■« medici de’ suoi giorni, era ben degno di scusa, i^gno™se faceasene beffe. E molto più ch’egli ebbe a‘Jfarne la sperienza in se stesso Udiamolo qui ancora colle sue proprie parole, tradotte in italiano, narrare ciò che gli avvenne; poichè egli ne’ suoi racconti ha una tal grazia sua propria, che sempre leggonsi con piacere. Agli otto di maggio, scrive egli, in una sua lettera dell’an 1370, a Pandolfo Malatesta (Senil. I. i 3, ep. 8), mi sorprese una violentissima febbre che mi è omai famigliare. Accorsero i medici sì per comando del padrone (Francesco da Carrara), sì per la loro amicizia. Dopo aver lungamente, secondo il costume, conteso insieme, diffinirono che a mezza notte io sarei morto, e la notte era già cominciata. Tu vedi quanto poco di vita mi rimaneva,.se era vero ciò che sognavano questi nostri Ippocrati. Ma io sempre più mi