Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/540

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SECONDO 503 parole colle Leggi de’ donativi, che egli ivi comenta? E che senso posson mai esse avere in bocca dell’autore? Vuol egli forse renderci conto che a questo passo egli ha interrotto per qualche ora di scrivere i suoi Comenti? Ma in primo luogo ei non avrebbe scritto: hic non potui interesse ad schribendum; e inoltre perchè ci dà egli conto di questo solo interrompi mento, e non di tanti altri che egli avrà pur dovuti fare ogni giorno? A me sembra evidentissimo che queste sono parole di uno scolaro che andava alle lezioni di Bartolommeo , e che avendo un dì fuggita la scuola per andare a vedere i mentovati libri, e lasciato perciò qualche vano ne’ suoi quinterni, volle lasciar in essi memoria ond1 era ciò avvenuto. I quai quinterni avendo poscia servito di originale alla stampa, le riferite parole sono state credute di Bartolommeo , e inserite nei suoi Comenti. In fatti il Panciroli, che non muove alcun dubbio sulla patria di Bartolommeo, come si è detto, avverte che le opere di lui sono state stampate, quali aveale scritte un suo scolaro reggiano, e ne cita in pruova questo passo medesimo. E che così esso debba intendersi, si ricava ancora da più passi dell’opere stesse, ne’ quali Bartolommeo chiama Bologna sua patria. Il Borsetti per moltiplicar gli argomenti a favore de’ Reggiani, dopo aver riferite le mentovate parole, aggiugne che ciò provasi ancora da un passo de’ suoi Comenti sul Codice. Ma questo passo è quello appunto in cui contengonsi le parole medesime; e i due argomenti perciò si riducono a un solo, e questo ancor troppo