Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/62

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P1UM0 25 rivolsero a coltivar quegli studj a’ quali vedeano conceduti onori e premj sì grandi. II. Fra i principi a’ quali le scienze dovettero E,“;falti in questo secolo il loro innalzamento, io non a.*»»» *mttemerò di dare il primo luogo a Roberto re di Napoli. Le continue guerre in cui egli fu avvolto, *’ e l’ampio stato di cui vegliava al governo, come nel precedente capo si è accennato, pareva che a tutt’altro il dovesser tenere rivolto che a coltivare e a fomentare gli studj. E nondimeno non vi ebbe mai forse principe alcuno che al par di lui si rendesse famoso nel coltivarli non meno che nel fomentarli. Se io volessi qui riferire agli elogi con cui ne ragionano gli scrittori a lui contemporanei, avrei luogo a stendermi assai ampiamente. Ma quanto ne è maggiore la copia, tanto più ci conviene usare discernimento nella scelta. Sia il primo Giovanni Villani, il quale, non dissimulando un difetto di questo gran principe, si rende più degno di fede, ove ne celebra le virtù. Questo re Roberto, ditegli, fu il più savio re che fosse tra’ Cristiani già fa 500 anni, sì di senno naturale, come grandissimo maestro di teologia, e sommo filosofo , dolce signore, ed amorevole fu ed amico del nostro Comune di Firenze, e di tutte le virtù dotato. Se non che, poichè cominciò a invecchiare, V avarizia lo guastava in più guise. Iscusavasene per la guerra che avea per acquistare la Cecilia. Ma non bastava a tanto signore , e così savio coni era in altre cose (l. 12, c. 9). Il qual vizio fu in lui pure ripreso da Dante (Parad, c. 8), che essendo morto 22 anni innanzi a Roberto, ci fa vedere con ciò