Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/63

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2 6 LIBRO eli’ egli non aspettò a darne pruova in vecchiezza. Ma questo finalmente e la soverchia ambizion di dominio sono le sole taccie che gli si oppongono, nè esse han vietato agli storici il tesserne grandissimi elogi. Alcuni ne udiremo fra poco nel parlar che faremo degli studj di questo principe, giacchè a questi soli noi dobbiamo ristringerci. Il Petrarca avea qualche pensiero di scriverne stesamente la Vita (Rer. memorand. l. 3, c. 3), e, pieno com’egli era di gratitudine e di stima, avrebbe per certo posti in chiarissimo lume i non ordinarj pregi di un sì famoso sovrano. Tanto però ne abbiamo in altri scrittori e in altre opere dello stesso Petrarca, che basta e farcene concepire una giusta idea. Suolimi Leggiadro è ciò che de’ primi studi di Mudi ^ lod. Roberto ancor giovinetto ci racconta il Boccac» a Pctrar-ciò (Geneal. Deor. I. i^c.g), e dopo lui Domenico Aretino (Ap. Mehus Vita Ambr. camald, p. 224). Quegli afferma di aver più volte udito dire a Jacopo di San Severino conte di Tricarico e di Chiaramonte, che suo padre aveagli narrato che Roberto in età fanciullesca era di sì lento e torpido ingegno, che non giunse ad apprendere gli stessi elementi gramaticali senza grande difficoltà di chi istruì vaio, e che disperando omai ch’ei potesse fare profitto alcun nelle scienze, il suo maestro per mezzo delle favolette d’Esopo gli venne a poco a poco istillando un desiderio sì ardente di studiare e di sapere, che in breve tempo non solo apparò le arti liberali, ma entrando ne’ più profondi misteri della filosofia, giunse a sì alto segno di