Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/77

Da Wikisource.

40 LIBRO passo della Cronaca della stessa città scritta nel secolo xiv da Sagacio Gazzata. Questa, ma solo in parte, poichè il rimanente è perito, è stata data alla luce dal Muratori (Script. rer. ital. vol. 18), il quale nella prefazione ad essa premessa ha ancor pubblicato il suddetto passo, che sarebbe esso pure perduto, se dal Panciroli non fosse stato inserito nelle sue Storie. Ei dunque afferma che il Gazzata, il qual pure era stato amorevolmente ricevuto da Cane, avea lasciato scritto nelle sue Storie che quella corte era il comune rifugio di tutti gli uomini o per nascita, o per imprese, o per sapere famosi, i quali per sinistre vicende costretti erano ad abbandonare la patria; che diversi appartamenti secondo la diversa lor condizione erano ad essi assegnati, e a ciascheduno i lor servidori, e a tutti imbandite laute vivande; che sulle loro stanze facea dipinger simboli o motti diversi allo stato lor convenevoli, come il trionfo a’ vincitori, la speranza agli esuli, i boschi delle Muse a’ poeti, Mercurio agli artefici, il Paradiso a’ Predicatori; che alle lor cene aggiugneasi il piacere di armoniche sinfonie, di buffoni, di giocolieri; che le loro stanze erano magnificamente addobbate e messe a vaghe pitture, e adattate singolarmente a spiegare la varietà e T incostanza della fortuna. Fra quelli poi che erano stati a parte di tali magnificenze, nomina il Gazzata quel Guido da Castello Reggiano, di cui abbiam favellato nel quarto tomo, e il nostro Dante, del cui ingegno dice che Cane assai compiacevasi. In fatti l’elogio che abbiam veduto a lui farsi dal nostro poeta, sembra