Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/78

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PRIMO 41 dettato da’ sentimenti di gratitudine e beneficj ch’ei sapeva d’averne avuti. Sembra, ciò non ostante, che l’indole aspra e il troppo libero parlar di Dante il facesse a poco a poco cader dalla grazia di sì possente signore. Così ci assicura il Petrarca (l. 2 Rer. memor. c. 4) che dà a Cane l’onorevol nome di sollievo e ricovero comune degli afflitti, e che racconta che Dante, dopo essergli stato per qualche tempo assai caro e gradito, cominciò a spiacergli, perciocchè un giorno, fra le altre cose, essendo ivi un buffone che co’ suoi gesti e discorsi liberi e osceni moveva a riso la brigata, e parendo che Dante ne avesse sdegno, Cane, dopo averne dette gran lodi, chiese ai poeti onde avvenisse che colui fosse amato da tutti, il che non potea ei dire di se medesimo; a cui Dante, Tu non ne stupiresti, rispose, se ti ricordassi che la somiglianza de’ costumi suole stringer gli animi in amicizia. La qual mordacità di parlare fu cagione per avventura che Dante non potesse avere in alcun luogo stabil dimora, come a suo luogo vedremo. Degli altri Scaligeri che in questo secolo furono signori di Verona, io non trovo alcun altro a cui si attribuisca la lode di aver protetti gli studj; anzi la ferocia dell’animo e la crudeltà che in più di essi si vide, ci fa congetturare che a tutt’altro oggetto rivolgessero i lor pensieri, che alla letteratura. VIII. Maggior numero di mecenati de’ buoni studj ebbe la famiglia de’ Carraresi signori di Padova. Nel capo seguente vedremo ciò che a vantaggio di quella università operò Ubertino , viri. Ubertino e Jacopo 11 da Carrara proiettori dotti.