Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/79

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42 LIBRO che dal 1338 fino il 1345 ebbe il dominio di quella città, benchè per altro pe’ molti e gravi suoi vizj lasciasse di se medesimo odiosa memoria; e altrove rammenteremo il mandar ch’ei fece a Parigi dodici giovani padovani perchè vi apprendessero la medicina. Jacopo II benchè giunto al dominio coll’uccisione di Marsilietto Pappafava, ne’ cinque anni però che il tenne, cioè dal 1345 al 1350, come si rendette amabile a tutti per le sue virtù, così dai dotti singolarmente ebbe encomj e lodi per gli onori di cui ad essi fu liberale. Il Petrarca da lui invitato a Padova, vi si recò due anni innanzi ch’ei fosse tolto di vita, e n’ebbe un canonicato in quella chiesa (Petr. Epist. ad Poster.). Quindi egli ne parla sempre con sentimenti di altissima stima. Uri altra stanza, scrive egli al suo Olimpo ossia a Mainardo Accorso (Epist. famil. l. 7, ep. 5), non men tranquilla e opportuna io ho in Padova, ove non sarà l’ultimo bene il meritar di convivere con quell nomo, sotto il cui governo quella città oppressa dalle sciagure comincia omai a respirare; dico Jacopo da Carrara, di io vorrei che tu prendessi a stimare e ad amare; perciocchè, se sempre è stata amabile la virtù, assai più ora che ella è sì rara. Ma poichè ne intese la crudel morte che l’anno 1350 gli fu data da Guglielmo suo parente, ei proruppe in lamenti che ben ci scuoprono quanto lo amasse. Dappoichè il mondo, dic’egli in una lettera pubblicata dall’abate de Sade (Mém. de Petr. t. 3, p. 97), ha perduto il re Roberto, io non conosceva alcuno oltre lui, che amasse le lettere, che le favorisse,