Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/89

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5n libro raveano proceduto, così parve ancora lasciarsegli addietro nel favorire con regia munificenza le lettere. Io non mi arresterò qui a riferire i magnifici elogi che ne hanno fatto molti meno antichi scrittori, come il Calchi, il Giovio ed altri, i quali potrebbonsi per avventura credere esagerati, e su’ quali nondimeno l’Argelati ha formato (Bibl. Script, mediol. t. 2 , pars 1 , p. 1621) l’encomio di questo principe. A me piace di recarne più certe pruove; e noi avremo a vederle in ciò che nel capo seguente diremo delle università di Pavia e di Piacenza, e in ciò che al fine di questo tomo dovremo osservare intorno alla magnificenza delle fabbriche da Gian Galeazzo innalzate, e in più altre occasioni in cui dovremo farne menzione. Ma un bel monumento inoltre della premura di lui nel raccogliere alla sua corte i più dotti uomini de’ suoi tempi abbiamo in una lettera pubblicata dal ch. ab. Lazzeri (Miscellan. Coll. Rom. t. 1 , p. 208), scritta da Giovanni Manzini a Rizzardo Villani che da Gian Galeazzo era stato posto nel numero de’ suoi consiglieri. Giovanni con lui si rallegra dell’onore ottenuto, ed esalta il sapere di cui Rizzardo era adorno; quindi passa a lodare altri uomini dotti che quel principe teneasi in corte, e singolarmente un vescovo natio di Creta, cioè Pietro soprannomato Filargo, che fu poi papa Alessandro V, Bartolomeo di Jacopo genovese, e più altri così nell’armi come nelle scienze e nelle leggi famosi) e dopo aver rammentati altri sovrani che avean fatto il medesimo , Tales ergo, soggiugne, Virtutum comes (Gian Galeazzo)