Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/119

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SECONDO (ta3 già detto più volte, e rinnovandogli le più calde preghiere perchè a ben dell’Italia cessasse dall’armi. Il Petrarca in altra lettera dice (ib. ep. 19) che il Dandolo, comunque uomo di grande ingegno; non seppe sì presto dare risposta alla sua lettera, e che, dopo aver trattenuto per sette giorni il corriere speditogli dal Petrarca , il rimandò dicendo che con altro corriere gli avrebbe fatta risposta; ma ch’egli era morto prima di mantenere la sua promessa. Abbiamo nondimeno tra le lettere del Petrarca un’altra del Dandolo in risposta a quella che egli aveagli scritto (Var. ep. 4); ma da un’altra dello stesso Petrarca raccogliesi (ib. ep. 13) che questi non l’ebbe se non più mesi, dacchè il Dandolo era morto, qualunque fosse la ragione di sì lungo ritardo. XX. Ma questa guerra medesima fu fatale al Dandolo. I Genovesi, vinti prima da’ Veneziani, entrati nel golfo di Venezia lo stesso anno 1354, e presi alcuni navigli de’ nemici, corsero l’Istria e diedero alle fiamme la città di Parenzo. La qual nuova giunta a Venezia , destò sì grande costernazione in quel popolo, che convenne, come dice Marino Sanudo il giovane (Vite de’ Duchi di Ven. Script. Rer. ital. vol. 22 , p. 627 , chiudere con catene il porto, per timore che i Genovesi improvvisamente non l’occupassero. In questo tumulto di cose il Dandolo stesso, vestite contro il costume le armi, si diè a provvedere alla salvezza della città. Ma frattanto, dice lo stesso Sanudo, per dolore dell’annata nemica venuta ad abbrugiare Parenzo, s’ammalò, e stette 22 giorni