Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/136

Da Wikisource.

640 LIBRO E la sua gratitudine per Arrigo fu quella probabilmente che il persuase a distogliere, quanto era dal canto suo, i Padovani dal pensiero di ribellarsi e a fare di questo principe nella sua Storia un carattere più vantaggioso di quello (l. 1 , rubr. 3) che si potesse attendere da uno a cui la fedeltà verso la sua patria avea poste le armi in mano contro di lui. La morte di Arrigo non diè fine alle guerre de’ Padovani co’ Vicentini e con Can Grande. Tentossi, è vero, in quest’anno medesimo di conchiuder la pace, e a questo fine Albertino insieme con IVI ai \siglio Pollafrissana furon mandati a trattarne con Bailardino Nogarola inviato di Can Grande; e Albertino ci ha tramandato il colloquio che con lui tenne (De gestis ital. l. 2, rubr. 2). Tutto però fu inutile, e la guerra ripigliossi con più ardore di prima. Ma assai più dannose furono ai Padovani le interne discordie che in questo stesso anno per opera di alcuni torbidi e sedizioni si eccitarono. Albertino fu singolarmente preso di mira, e sotto pretesto di una tassa eli"egli avea persuaso di porre sopra tutti i contratti, levatasi a rumore la plebe, corse per arderne ed atterrarne la casa. Egli per non esporre sè a pericolo, e per non rivolgere l’armi, come agevolmente avrebbe potuto, contro de’ suoi concittadini, fuggì segretamente, e ritirossi a Vico d’Argine; donde però, ucciso frattanto Pietro d’Alticlino capo de’ sollevati, ei fu con decreto pubblico richiamato, e si ordinò che in soddisfazione dell’ingiuria recatagli gli fossero conferiti solenni onori. Così racconta egli stesso (ib. l. 4? rubr. 1), e a questa