Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/194

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698 LIBRO un viaggio da’ mentovati due Greci fatto alcuni anni prima. Dalle stesse lettere si raccoglie che Jacopo d’Angelo fiorentino egli pure, di cui, come ancor del Crisolora, ragioneremo nel tomo seguente, erasi a bella posta recato in Grecia per imparare sotto la direzion di due sì famosi maestri la loro lingua. Il che ci mostra che non erasi spenta tra’ Fiorentini la brama d1 istruirsene. La cattedra però di tal lingua , per opera del Boccaccio aperta in Firenze, non trovo che dopo la partenza dell’infelice Leonzio fosse ad alcun altro affidata sino al 1396 in cui, come abbiamo accennato, ed altrove diremo più stesamente , fu ad essa condotto il Crisolora. XI. Abbiamo detto poc’anzi che Coluccio Salutato non ebbe probabilmente tintura alcuna di greco. Io il raccolgo da una delle sue lettere or ora accennate, scritta da lui in età di sessantacinque anni, com’egli stesso confessa: cras enim annum sexagesimum quintum attingam. In essa ei dice che forse seguendo l’esempio di Catone negli ultimi anni di sua vita applicherassi alla greca letteratura: Forte e ti am nostri Catonis exemplo, extremo licet vitae tempore, graecis intemdam litteris. Non avea egli dunque fatto per anche studio alcuno di greco, e solo avea qualche pensiero di farlo in appresso. Or io non trovo che ei conducesse ad effetto questo suo disegno; e sembra difficile che la sua provetta età e il suo impiego di cancellier del Comune gliel permettesse. Egli è vero che Leonardo aretino confessa (L 2, ep. 11) che, se ei sapeva di greco, ne era debitore a Coluccio: Quod Graecas didici litteras, Collidi