Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/239

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fEMO 743 non abbia a ciò posto mente? Nè io perciò ardisco decidere che la riferita lettera sia supposta; ma desidero solo che l’ab. de Sade sia alquanto più ritenuto nell’insultare agli italiani, perchè non abbian parlato di una lettera della cui sincerità essi potean dubitare non senza qualche ragione. Ma rimettiamoci in sentiero, e torniamo a’ commentatori di Dante. Già abbiamo parlato della traduzione che Alberigo da Rosciate fece in lingua latina del Comento di Jacopo della Lana, cui anche stese ed ampliò maggiormente. Il Boccaccio ancora, Benvenuto da Imola, Francesco da Buti scrissero in questo secolo dichiarazioni e comenti; ma questi appartengono a un’altra classe d’interpreti de’ quali ora ragioneremo (a). (’?) Anche i padri del concilio di Costanza al principio del secol seguente occuparonsi nella lettura di Dante, e uno di essi a richiesta di altri tra loro impiegò il tempo a tradurlo e a comentarlo. F. Giovanni da Serravalle della diocesi di Rimini dell’Ordine de’ Minori, e vescovo e principe di Fermo, a istanza del Cardinal Amedeo di Saluzzo, e di due vescovi inglesi Niccolò Bubwich vescovo bathoniese, e Roberto II alni vescovo sarisberiese , prese a tradurre in prosa latina, e quindi a comentare la Commedia di Dante, e cominciò il lavoro il i.° di febbraio del 1416 , e compiello a’ 16 di iebLraio dell* unno seguente. Così raccogliesi dalla lettera dedicatoria ad essi diretta, in cui si scusa se, attesa la brevità del tempo a ciò concedutogli , egli è stato costretto a tradurla meno elegantemente, e il prega a non riprenderlo de rusticana latinitate incompta et inepta trans lai ione. L’opera non è mai stata stampata , ed è nota a pochissimi \ ed è forse unico l’esemplare che se ne conserva nella Capponiana ora Vaticana , da cui io ho avuto copia della lunga prefazione ch’ei vi premise.