Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/280

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784 IJBRO gli scrisse il Petrarca (Famil l. 4, ep. 3). Ma questo non era che un saggio degli onori che Roberto gli destinava. Era. già da più secoli cessato l’uso di ornare solennemente del poetico alloro nel Campidoglio di Roma que’ tra’ poeti, che salissero a maggior fama; uso antico tra i Greci, quindi introdotto in Roma da Nerone e da Domiziano, come altrove abbiam detto (t 2, p. 52, 66), e poscia nella decadenza degli studi venuto meno. Di questo uso ha lungamente parlato l’ab. du Resnel in una sua erudita dissertazione (Mém. de l’Acad. des Inscr. t 10) in cui afferma che i giuochi Capitolini cessarono al tempo di Teodosio, di cui abbiam noi pure trattato a suo luogo (t. 2, p. 286, ec.). L’ab. de Sade , al contrario , sostiene (Mem. pour la vie de Petr: t. 2, not. p. 10) che comunque i giuochi Capitolini continuassero fino al tempo di Teodosio, non continuò però l’uso di coronare in essi i poeti, e che non si trova menzione di poeta alcuno coronato nel primo e nel terzo secolo. Ma noi abbiamo altrove provato, col testimonio di un’antica Iscrizione (l. dtp. 99), che l’anno 106 Pudente giovin poeta fu in que’ giuochi onorato della corona; e poichè è certo, per testimonianza di Censorino, come si è dimostrato (ib. p. 286, ec.), che l’anno 283 celebrati furon que’ giuochi, e che in quel tempo medesimo erano in Roma contese e sfide di molti poeti, egli è troppo probabile che l’uso ancora di coronare non fosse se non più tardi abolito. Certo è però, che dopo la decadenza dell’impero romano non troviam più memoria di tale