Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/315

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TERZO 8llJ felice chi può sostenerne per poco <T ora la fastidiosa lettura. Da tal disgrazia non è ito esente il Petrarca, anzi non vi ha forse chi più li lui F abbia sofferta; perciocchè fra due o tre giudiziosi comentatori ei ne ha avuto gran copia di sì sciagurati, che noi saremmo pure tenuti assai ad un incendio che togliesse iute* ramente dal mondo le lor follie. Ma basti così di questo argomento in cui troppo pericoloso sarebbe il fermarsi più a lungo, o l’entrarvi più addentro (a). XXXVI. Dell1 altre opere del Petrarca non è qui luogo di ragionare. Di alcune già abbiam parlato in addietro, cioè delle opere appartenenti a storia e a filosofia morale, delle sue Invettive contro di un Medico e del suo Itinerario a Terra Santa. Delle poesie latine direm nel capo seguente. Qui aggiugnerem solamente che, oltre qualche altro opuscolo latino, come F Apologia contro le calunnie di un Francese, ed altri somiglianti di piccola mole e di non (a) Presso il sig. abate Domenico Ongaro, più volte da me lodato , conservasi un codice cartaceo, scritto verso la metà del secolo xv , in cui, oltre più altre cose , con densi una nuova opera poetica che vorrebbe attribuirsi al Petrarca , e innanzi alla quale perciò vedesi scritto: D. Franciscus Petrarcha. E più chiaramente al fine: Finita est passio et Oratio Beatae Virginis Marie, quam fecit et compilavit Dominus Franciscus Petrarcha Doctor et Poeta Florentinus, cujus anima requiescat in pace. Sono undici capitoli in terza rima, nei quali ragionasi del dolor della Vergine a piè della Croce; ma lo stile è sì lontano da quel del Petrarca , che anche un mediocre conoscitore non se ne lascerebbe ingannare.