Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/331

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TERZO 835 <TAvignone affine di giustificarli presso il pontefice Urbano V che sembrava mal soddisfatto della loro condotta. L’abate. Mehus ci ha dato il principio delle lettere (Vita Ambr. camald. p. 268) con cui egli fu accompagnato dalla repubblica, e abbiamo ancora una lettera che il Petrarca gli scrisse, quand’ei fu tornato da questo viaggio (Senil. l. 5, ep. 1), da cui raccogliamo che alP occasion di esso avea il Boccaccio veduta Genova. Il co. Mazzucchelli crede (l. cit p. 1326, nota 79) che ciò debba differirsi all’ultima ambasciata che il Boccaccio sostenne nel 1367, e dice che l’ultima lettera del libro XIII delle Senili pruova che al fin di quell’anno era il Petrarca in Pavia , donde scrisse la lettera mentovata poc’anzi. Ma quella lettera ha la data di Padova, non di Pavia, e il Boccaccio nelP ultima ambasciata non andò in Francia, ma a Roma, come ora vedremo, nè perciò dovette passar per Genova. L’anno 1367 era il Boccaccio in Firenze uno degli ufficiali del magistrato della condotta degli stipendiarii (V. Mazzucchelli, l. cit nota 80). Finalmente nel novembre dello stesso anno 1367 fu di nuovo ambasciadore de’ Fiorentini allo stesso pontefice non già in Avignone, come dice il co. Mazzucchelli (ib. p. 1326), ma a Roma, ove allora era Urbano, e questa è l’ambasciata medesima di cui all’anno 1368 parla l’Ammirato (Stor. di Fir. l. 13). Questa fu l’ultima ambasciata di cui fu incaricato il Boccaccio, il quale nello stesso anno 1368 recossi da Firenze a Venezia per rivedervi il suo Petrarca, ma ebbe il dispiacere di trovarlo partito già