Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/368

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872 unno il cingolo In Italia. Ma che così veramente avvenisse, converrebbe addurne più certe pruove. Lo stesso editore osserva che alcuni, quando tai Rime la prima volta si pubblicarono, ebber sospetto che fosser supposte da quei medesimi che al primo promulgatore le aveano inviate, cioè dal Varchi e dal Tolommei. Ma oltre le ragioni da lui addotte, i codici a penna, che se ne conservano in alcune biblioteche , e singolarmente nella Riccardiana, bastano a provare F insussistenza di tal sospetto. LVIL Chiudiam questo capo colf accennare il nome di uno che, se non Fu valoroso poeta, fu almeno il primo che scrivesse le leggi per poetar volgarmente. Ei fu Antonio da Tempo giudice padov ano, di cui abbiamo alle stampe un trattato latino intorno a’ versi italiani intitolato De Rithmis vulgaribus, il quale si dice composto l’an 1332. Il ch. Apostolo Zeno osserva (Lettere, t. 2, p. 240) che in questo libro, qual si ha alle stampe, parlasi ancora dell’ottava rima, la qual per altro credesi da molti usata prima d1 ogni altro dal Boccaccio. Ma egli riflette insieme che in un codice a penna, eh7 egli ne avea , nulla leggesi in tal metro; e lo stesso posso io dire di un altro codice che ne ha questa biblioteca Estense. In questo vi ha qualche altra diversità dallo stampato: perciocchè qui non si nomina distintamente nè l’autore, nè il personaggio a cui il trattato si dedica, che nella stampa è Antonio dalla Scala; ma solo si veggono alcune lettere iniziali , le quali nè all’uno nè all’altro non possono convenire. Ecco le prime parole della