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Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/370

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8^4 LIBRO follemente perduti dietro ali’ amore, o sia che non si riputasser degni di premio se non (que’ versi ne’ quali cercavasi di seguir le vestigia de’ primi padri ed autori della poesia latina, è certo che questa sola fu riputata meritevole di solenne e pubblico guiderdone. Il Petrarca stesso, di cui noi leggiamo con sì gran piacere le rime, e appena gittiam un guardo su’ versi latini, a questi però fu debitore singolarmente dell’altissima stima di cui godette vivendo, e del premio da lui tanto bramato della solenne coronazione. Questo onore, a lui e ad altri poeti a questa età accordato, moltiplicò grandemente gli amatori e i coltivatori della poesia latina; e pareva che ognun si recasse a vergogna il non saper verseggiare in quella lingua in cui aveano verseggiato Virgilio e Orazio: Non è mai stato sì vero, dice il Petrarca in una sua lettera pubblicata dall’ab. de Sade (t. 3, p. 243), come al presente quel detto d Orazio: Scribi ni us indocti doctique poemata passim. Egli è un tristo conforto V aver compagni; e amerei meglio esser infermo io solo. Io son travagliato da’ mali miei e dagli altrui; e appena posso respirare. Ogni giorno da ogni angolo dell Italia mi piovon addosso de’ versi; ma ciò non basta; me ne vengono dalla Francia , dalVAUemagna , d i li Inghilterra , dalla Grecia... Almeno non fosse questo contagio penetrato segretamente fino entro alla corte romana! Ma in che credete voi che si occupino i nostri giureconsulti e i medici? Più non conoscono nè Giustiniano nè Esculapio. Sordi alle voci de