Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/376

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880 libro rammenta alcuni discorsi che intorno allo stato di Padova avea in addietro tenuti con Lovato: Me min eri mijue ego Lovatum vatem, Rolandumque nepotem, (dum saepe in diversoriis cum sodalibus obversamur, ec. La qual famigliare amicizia del Mussato con Lovato mi conferma nell’opinione che questi non potesse morire mentre era podestà in Vicenza; perciocchè in tal caso sarebbe morto circa quarantanni prima del Mussato; e in tempo che questi non avea che trentanni di età. Perciò debbonsi rigettar tra le favole le cose che abbiam udite narrarsi dal Papadopoli e da altri, delle vicende a cui egli fu esposto sotto Jacopo da Carrara , perciocchè questi non fu signore di Padova che nove anni dopo la morte di Lovato. I versi ch’egli volle che si apponessero al suo sepolcro, e che si riferiscono dal Papadopoli, non ci danno una grande idea di questo principe de’ poeti. Lo stesso autore, dopo altri scrittori padovani, dice ch’egli avea composti alcuni trattati di poesia , e volte in versi leonini le Leggi delle dodici Tavole; ma che queste opere più non si trovano. Di questo poeta il Fabricio ha fatti tre diversi scrittori; perciocchè ei nomina prima Donato da Padova (BibL med. et inf. Latin. t 2, p. 59), e reca l’elogio fattone dal Petrarca, poscia Lovato (ib. t. 4? p- 280) giureconsulto e poeta, a cui sull’autorità del Vossio attribuisce un opuscolo sulla città di Padova, e sulle guerre de’ Guelfi e de’ Gibellini, del quale niun altro ha mai fatta menzione; e finalmenteLupato (ib. p. 294)7 a cui pure attribuisce l’elogio formatone dal Petrarca , di cui accenna l’opere rammentate dal Papadopoli.