Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/387

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TERZO 89I insieme e a povertà, due compagni troppo importuni. Poichè mio padre fu morto, egli pose in me ogni sua speranza; e io conoscendo quando gli dovessi esser tenuto, il soccorreva in ogni possibil maniera, e quando mi mancava il denaro, ciò che spesso accadeva, gli otteneva soccorsi da’ miei amici, or con fargli sicurtà , or con preghiere, e talvolta ancora con deporre de’ pegni E quante volte egli ebbe da me a tal fine e libri ed altre cose! cui poscia rendevami fedelmente. Ma al fine la povertà lo rendette infedele. Narra quindi ciò che altrove abbiam riferito (t 1 , p. 293), de’ libri di Cicerone intorno alla Gloria, che chiestigli dal povero maestro, sotto pretesto di averne bisogno per certa sua opera, furon da lui impegnati , nè più gli fu possibile di riaverli 3 e aggiugne che quegli tornò poscia in Italia, e che quando fu morto, i concittadini di lui gli scrissero perchè ne onorasse coi suoi versi il sepolcro. Il Petrarca, di ciò parlando, accenna eli* egli o poco innanzi alla morte, o forse dopo essa, era stato onorato della corona d’alloro: rogatus a civibus suis, qui ad sepulturam illum sero quidem laureatum tulerant. Di questa incoronazione io non trovo alcun cenno negli scrittori di questi tempi ^ e nondimeno il testimonio del Petrarca basta a farcene certa fede. L* ali. Mehus ragiona a lungo (Vita Ambr. camald. p. 208, ec.) di un poema latino in diversi metri, che conservasi nella Magliabecchiana in Firenze, indirizzato al re Roberto, e scritto a’ tempi di Benedetto XII, in cui s1 introduce P Italia a pregare il re stesso a