Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/420

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924 LIBRO zelo vietava la lettura de’ poeti profani, e delle lettere che Coluccio scrisse a combattere le ragioni da lui addotte, le quali talmente aveano sedotti alcuni, che parlavano con disprezzo dei libri della Città di Dio di S. Agostino, perchè in essi egli allega gli antichi poeti (ib. p. 293); parla ancora di quella ch’egli ebbe con Antonio Loschi vicentino, che una invettiva avea scritto contro de’ Fiorentini, a cui con altra invettiva rispose Coluccio (ib. p. 298); e di quella ch’egli ebbe con f Giovanni di Domenico domenicano , a cui parendo che Coluccio in una sua opera intitolata De fato et fortuna avesse sostenute alcune opinioni contrarie a’ dogmi della cattolica Religione. scrisse contro di esse un libro cui diè per titolo Lucula noctis (ib. p. 302). Vari e diversi son gli argomenti de’ quali nelle sue opere parla Coluccio. Alcune son mitologiche e allegoriche , come quella de Laboribus Herculis, altre filosofiche e morali, come quelle de fato et fortuna, de seculo et Religione, de verecundia, altre politiche , come quelle de Tyranno, de Regno electivo et successivo, de coronatione Regia, altre filologiche, come quella de Nobilitate Legum et Medicinae, e quella intitolata: quod Medici eloquentiae studeant, altre finalmente oratorie, come le Declamazioni, la sopraddetta Invettiva e alcune altre orazioni. Molte inoltre son le lettere di Coluccio non ancor pubblicate, molte le poesie latine e italiane, fra le quali non è da tacersi la traduzione in versi latini di parte della Commedia di Dante, un saggio della quale ci ha dato lo stesso ab. Mehus (ib. p. 3(>9). il «