Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/433

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TERZO 937 scrive egli (ib. ep. 2), tu presente coir animo e vicino di corpo, possi quasi udire lo strepito, e veder la polvere de’ solenni giuochi, e se pure alcuna cosa ti rimane a sapere, possa a ciò supplire il continuo passaggio de’ viaggiatori , credo nondimeno che riceverai volentieri dalle mie lettere il ragguaglio di ciò che più volentieri avresti veduto, se la malattia non te V avesse vietato. Era dunque allora Pietro in Padova, ed eravi probabilmente professor di gramatica, o di rettorica, benchè gli storici di quella università non ne facciano menzione alcuna. Passò poscia a Bologna; e io credo che egli vi fosse poco dopo il 1368, poichè il Petrarca in un’altra sua lettera a lui scritta, e intitolata Petro Rethori Bononiensi (ib. L 14 ep. 10), parla della peste che già da cinque lustri (cioè cominciando dal 1348) facea strage in Italia, e dice ch’ella allora travagliava Bologna , unde tibi origo, ubi nunc mora est. Nella stessa lettera mostra il Petrarca, in quale stima avesse Pietro, perciocchè avendogli questi scritto che troppo spiacevagli di esser da lui lontano, e di non potere perciò apprendere più da lui cosa alcuna, come prima soleva, no, gli risponde il Petrarca , non tu dalla mia conversazione, ma io anzi dalla tua avrei potuto apprender molto, se non mi fosse mancato o V ingegno, o la diligenza. E forse in quel tempo medesimo scrisse il Petrarca un1 altra lettera in cui ben dà a vedere quanto Y amasse, pel timor che mostra a cagion della malattia da cui avea udito che Pietro era compreso (ib. I. i3, ep. G). Essa