Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/73

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SECONDO SnT alla Chiesa, il qual onore fu certamente il più dolce * he in sua vita ei sentisse. Non è perciò a stupire di ciò che dice lo stesso Vergerlo , c|:e losse in quell’augusta assemblea l’arbitro e il mediatore nelle tante discordie che vi si eccitarono: nel che egli seppe adoperarsi sì destramente, che spesso gli avvenne di conciliar differenze che sembravano non ammettere rimedio. Benchè egli tanto dovesse a Giovanni XXIII, avendo nondimeno maggior riguardo alla giustizia che ai suoi privati interessi, non cessò di pressarlo a venire al concilio, finché non f ottenne. Egli ebbe finalmente il piacere di veder tolto lo scandalo colla volontaria cessione di Gregorio XII e colla deposizione di Giovanni e di Benedetto XIII, e se fosse ancor più oltre vissuto, probabilmente , come dicono il Vergerio e il Poggio, sarebbe stato egli trascelto fra tutti a salir sulla cattedra di S. Pietro. Ma, logoro dagli anni e oppresso dalle gravi fatiche, finì di vivere nella stessa città di Costanza , a’ 5 di novembre del i4*7j 111 di 78 anni. Solennissime ne furono 1’esequie a cui intervenne lo stesso imperador Sigismondo. Il Poggio , come abbiam detto, ne fece Y orazion funebre, cui finì con dire che conveniva innalzargli un monumento di bronzo il più magnifico che si potesse con una iscrizione che accennasse le cose memorabili da lui operate; che avrebbe dovuto soprapporsi al sepolcro una statua d’oro, scolpendovi nella base: Parenti Patriae; ma che, poichè ciò non era più in uso, gli si ergesse almeno il sepolcro con una onorevole iscrizione. Non pare che ciò si