Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/131

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PRIMO 1 l5 per povertà non potevano coltivarli. Nel tempo medesimo si volse ancora a vantaggio di essa la provvida sollecitudine del gran pontefice Niccolò V, il quale ne confermò e ne accrebbe i privilegi con alcune sue bolle, che da monsignor Giorgi si accennano (Vita Nicol. V, p. 55). Quindi verso la fine di questo secolo singolarmente ella era sì rinomata, che da’ paesi stranieri venivan non pochi per udire que’ professori. Ne abbiam fra le altre una bella testimonianza presso Filippo Beroaldo, il quale indirizzando un suo opuscolo intitolato Orazion proverbiale a Cristoforo Vaitimillio boemo, gli dice che molti soleano ogni anno venir da quel regno alla università di Bologna*, e ne annovera alcuni che in quegli anni vi erano stati. Dalla Sicilia ancora troviamo che si mandavano a pubbliche spese alcuni a studiare a Bologna, e fu tra questi il celebre Antonio Panormita, che ottenne poi sì gran nome. Ma niuna cosa nel corso di questo secolo fu a questa università più onorevole e gloriosa, che la venuta a Bologna di Cristino re di Danimarca f anno j 474* Qual onore rendesse questo sovrano alle scuole e a’ professori bolognesi , udiamolo da Benedetto Morando, che tre anni dopo ne fece menzione in una sua orazione a Sisto IV, che si ha alle stampe: Il Re Cristiano, dice egli (De laudib. Bon. Orat. p. 22, ec.) andando a Roma, sono ora tre anni, avendo vedute quasi tutte le Università italiane, mosso dall’eccellenza e dalla fama di questa, volle che in essa due de’ suoi Cortigiani ricevessero £ onor della laurea , uno nelle leggi, £ altro nella