Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/142

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126 LIBRO baerebbe delle case più carestia; aggiunto e diletti et piaceri della Città , che agli studii del tutto sono contrarii, e non essendo per dette et altre cagioni luogo comodo per lo stri Ho la Città di Firenze, come la esperientia già altre volte, quando ci si è fatto studio, ha dimostrato , è necessario farlo in un altra delle Terre della Signoria di Firenze, ec. E sieguon dicendo che Pisa per la sua situazione vicino al mare, per l’ampiezza della città, per l’abbondanza de’ viveri, più d’ogni altra città è a tal fine opportuna; e si ordina perciò, che ivi si apra lo Studio, e alle spese di esso si assegnano semila fiorini annui, a condizione però che in Firenze rimangano alcuni professori singolarmente di belle lettere. Furono insieme trascelti cinque de’ più ragguardevoli cittadini, ai quali fosse commessa la cura di questa università rinascente, e i più di essi per erudizione non meno che per nobiltà pregiatissimi, cioè Tommaso de’ Ridolfi, Donato degli Acciajuoli (a cui poscia morto qualche anno appresso fu surrogato Pietro de’ Minerbetti), Andrea de’ Puccini, Alamanno de’ Rinuccini, e finalmente Lorenzo de’ Medici, il quale benchè fosse nominato in ultimo luogo, più di tutti però si distinse nel promuover col suo senno e colla sua magnificenza questo lodevol disegno. Vi concorse ancora il pontefice Sisto IV, il quale col suo Breve del 1475 , riferito dallo stesso Fabbrucci, permise a’ Fiorentini d’imporre su’ beni ecclesiastici per cinque anni una tassa di cinquemila ducati a vantaggio della stessa università. Questa in fatti divenne presto assai