Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/170

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l54 L1BT10 volle ancor rinnovarne, per così dire, l’esterna apparenza, e a imitazion di Platone formar l’Accademia. Questo nuovo oggetto trasse a sè gli sguardi di tutta Firenze, e non vi fu uomo che aspirasse alla fama di dotto, e non volesse esser annoverato tra gli Accademici. Il principale ornamento ne fu Giovanni Pico della Mirandola, e poscia Cristoforo Landini, Giovanni Cavalcanti. Filippo Valori, Francesco Bandini, Antonio Allio, Cristoforo e Carlo Marsuppini figliuoli dell’;iltro Carlo soprannomato l’Aretino , Leon Battista Alberti, e moltissimi altri che dal Ficino si annoverano in una sua lettera a Martino Uranio (l. 11 Epistol.), e di alcuni de’ quali faremo altrove più distinta menzione. Ma niuna cosa fu più gloriosa all’Accademia, quanto l’impegno che per essa ebbe il magnifico Lorenzo de’ Medici, a’ cui tempi ella salì alla maggior fama di cui godesse giammai. Niccolò Valori, da noi altrove citato, ci narra (Vita Laur. med. p). 13) che ogni qualvolta poteva ei respirare dalle pubbliche cure, andavasene all' Accademia , ove principalmente godeva moltissimo nell’udir ragionare il Ficino. E perchè nel rivolger le opere degli antichi Platonici si trovò memoria de’ solenni banchetti con cui Platone solea celebrare il giorno della sua nascita, che fu lo stesso della sua morte (’), (*) L’opinione che Platone fosse morto nel dì medesimo in cui (era nato, cioè a’' 13 di novembre, era allora, come era stata anche per P addietro, connine fra’ dotti. Ma l’eruditissimo P. (Odoardo Cosini delle Scuole Pie, nella sua bella dissertazione de Natali die. Platonis (Gori, Symbolae Litterar , t. 6 , p. 80 , ec. Floren. 1752) ne ha mostrata poscia la falsità.