Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/208

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iga libro vedremo, quando di essi dovrem ragionare: e non meno aspramente contro di lui si rivolse Leonardo Bruni in una sua orazione citata dall’abate Mehus (ib. p. 32). Essi, fra le altre cose, il descrivono come uomo insofferente dell’altrui gloria, e quindi persecutore di quelli ch’erano in maggior fama; e narrano che perciò, dopo aver chiamati a Firenze i professori nominati poc’anzi, il Crisolora, Guarino, 1 Aurispa e il Filelfo, egli stesso divenuto loro nimico, li costrinse a lasciare le loro cattedre e ad uscir di Firenze. Ma più di tutti cercò (di renderlo infame il Bruni con una sua lettera al Poggio che era allora in Inghilterra, e che dee perciò riferirsi circa al 1417* In essa (l 5, ep. 4) ei narra l’origine della sua nimicizia col Niccoli, che era stata in somma , se crediamo a lui, il disonesto commercio dallo stesso Niccoli avuto con una donzella di uno de’ suoi fratelli, e le scandalose scene che ne eran seguite, delle quali avea il Bruni parlato con quella disapprovazione che ogni onest’uomo dovea mostrarne. Che direm noi dunque di sì contrarie testimonianze, e a chi dovremo dar fede? Questo dubbio ci verrà spesso innanzi nella storia di questo secolo , in cui vedremo non rare volte il medesimo personaggio da altri esaltato come un prodigio d? erudizione, da altri depresso come un mostro d' ignoranza: sì caldi erano i partiti e sì ostinate le discordie de’ letterati di quella età. Ma per riguardo al Niccoli, io inclino a credere che fosse, almeno in gran parte, effetto d’invidia la maldicenza con cui ne parlarono i sopraccennati scrittori.