Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/228

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212 unno Callisto III (l. 13, cp. i), successore di Niccolò, in cui gli rammenta ed esalta con somme lodi la magnificenza del defunto pontefice nel raccogliere a sì grandi spese da ogni ancor più lontana provincia sì gran copia di codici. Ei dice che fra gli eruditi che da Niccolò furono inviati a tal fine in lontani paesi, uno fu Enoc da Ascoli, il quale inoltrato erasi fin nella Dacia, anzi, secondo alcuni, fin nella Candavia, la più lontana isola del mar di Germania verso settentrione, co’ quali nomi però non saprei accertare quai provincie intenda di indicarci il Filelfo. Il Platina aggiugne che a lui deesi la scoperta de’ libri attribuiti ad Apicio, e del Comento di Porfirione sopra Orazio. Avverte poscia il Filelfo con libertà singolare il pontefice Callisto, che imiti sì gloriosi esempj, e che avverta di non lasciar perire sì gran tesori dal suo predecessore raccolti. In fatti di questo pontefice raccontano i soprallodati Assemani (l. c.), che spese fino a quarantamila scudi nella compera di altri libri. Di che essi aveano probabilmente trovata memoria ne’ monumenti della medesima biblioteca. De’ due pontefici che immediatamente gli succederono, Pio II e Paolo II, non troviamo che pensassero ad aumentare il numero de’ libri da Niccolò V e da Callisto III raccolti, nè ad eseguire il disegno dal primo formato di aprir con essi nel Vaticano una pubblica biblioteca (a). Anzi lo stesso (et) Paolo II fu nondimeno amantissimo di antichi codici , e godeva di farne uso in quel modo che di tutti i dotti dovrebbe esser proprio. Ecco l’elogio che