Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/277

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PRIMO 26l cosa, e condotto a Canneto vi fu rinchiuso in prigione, finchè scoperto l’errore, e rendutagli ogni cosa, fu con onor liberato, com’egli stesso racconta (Ante Horat. ed. 1509). Nella dedica del suo Pindaro, indirizzato l’anno 1513 ad Andrea Navagero, parla de’ danni che le continue guerre d’Italia gli avean recato, per cui già da quattro anni era stato costretto a starsene lontan da Venezia, affine di tentar ogni mezzo per ricuperare i suoi beni, che fra ’l tumulto dell’armi gli erano stati involati; ma che dopo molti maneggi avea finalmente udito dirsi: Haec mea sunt, veteres migrate coloni; e che perciò avea dovuto far ritorno a Venezia. Così continuò Aldo fra continui disastri ad arricchire di nuove edizioni la repubblica delle lettere fin verso l’aprile del 1515, nel qual tempo morì. Appena si crederebbe che di un uomo da cui sì grandi vantaggi ebbe la letteratura, e morto in tempo in cui Venezia era piena d’uomini dotti, non sia rimasta memoria alcuna del luogo ov’egli fosse sepolto. E pure non se ne trova verun indicio; come se ancor dopo morte ei fosse preso di mira da quell’avversa fortuna, da cui doleasi d’esser travagliato vivendo.