Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/278

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unno Capo V. Scoprimento e raccolte d' antichità.

I. Dall’universale entusiasmo degli Italiani nell’andare in traccia de’ codici, non poteva andare disgiunto un uguale impegno nella ricerca de’ monumenti antichi. A ben intendere i primi, giovanili non poco i secondi, e i secondi a vicenda non poteansi molte volte spiegare senza il soccorso de’ primi. Al tempo medesimo adunque che molti uomini eruditi si andavano aggirando per l’Europa tutta e per l’Asia in cerca di libri, altri correan le stesse provincie per osservare ove fosser rimaste iscrizioni, medaglie, statue, bassirilievi, ed altri somiglianti avanzi d’antichità; e con ducendo seco ciò che potean trasportarne, e disegnando e copiando ciò che non era possibile di recare con esso loro, se ne ritornavano alle lor case lieti non altrimenti che di un solenne trionfo. Quindi ebber origine e i gabinetti e le gallerie di cotai monumenti, e i libri in cui essi venivano copiati, o descritti. Cola da Rienzo e il Petrarca ne avean dato nello scorso secolo il primo esempio; ma ciò non era stato che un tenue saggio di quell’ardore che in questo secolo si accese universalmente per tale studio. Noi verrem qui ragionando di quelli che in ciò furon più illustri, avvertendo però, che qui non si ha a trattar di coloro che rischiararono co’ loro libri gli antichi monumenti, ma sol di quelli che ne andarono in cerca, e ne fecer raccolta.