Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/320

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3o/) LIBRO L’ab. Melius avverte (prnef. ad Itiner. Cyr. p. 58), e prima li lui avvertito avealo il Muratoli (pracf. ad Thès. Inscrìpt.), che una copia dell opera del Ferrarmi si conserva nella biblioteca del re di Francia, nel cui Catalogo vedesi in fatti segnata (t. 4 , p. 206, cod. 6128); e dice che ivi, dopo le antichità da lui osservate in Reggio, sieguono quelle che esistevano in Roma, le quali egli stesso dice che avea raccolte da Felice Feliciano creduto, dice egli, veronese, ma veramente reggiano, e da Ciriaco d’Ancona: Et a Felice Feliciano conterraneo meo, nec non a Kiriaco Anconitano, ad delectationem legentium recollegi. L’opera del Ferrarini non è mai venuta alla luce, ed egli altro non ha pubblicato che il trattato di Valerio Probo sulle Abbreviature degli antichi, con alcune sue giunte, il qual libro fu stampato a Bologna nel 1486 (a).

XIV. Il suddetto Feliciano, mentovato poc’anzi , fu egli pure a questi tempi medesimi studioso raccoglitor d’iscrizioni, e n’ebbe perciò il soprannome d’Antiquario. Il marchese Maffei parla di un codice Ver. illustr. par. 2, p. 189) eli’ egli ne avea , a cui era premessa una lettera scritta dal Feliciano, nel gennajo del 1463, ad Andrea Mantegna padovano, con questo titolo: Felicis Feliciani Veronensis Epigrammaton ex vetustissimis per ipsum fuleliter lafa) Del Ferrarmi veggasi ciù che più a lungo si è dello mila Biblioteca Modenese (t. 2, /. 277; /.6, j). 111 , ove anche si è prodotta la lettera «li esso , in cui attenua che il Feliciano eru veramente reggiano di patria.